Intolleranza all’istamina e disbiosi Intestinale

Il legame che alza l'infiammazione

Ti è mai capitato di sentirti gonfia, di avere rush cutanei, mal di testa, tachicardia o un’improvvisa sensazione di malessere dopo aver mangiato cibi apparentemente “innocui”?

Vino, cioccolato, formaggi stagionati,  caffè, tonno in scatola, pomodoro… sembrano non darti tregua.
In tanti fanno l’errore di pensare subito a un’allergia alimentare, ma in realtà, dietro a questi sintomi può nascondersi un disturbo ancora poco conosciuto: l’intolleranza all’istamina.

Si tratta di una condizione complessa, spesso confusa con altre patologie, ma strettamente collegata allo stato del nostro intestino e del suo microbiota. Spegnere l’infiammazione si rivela quindi necessario per evitare che giorno dopo giorno ne subiscano energia, digestione e in linea generale l’intera quotidianità.

Cos’è davvero l’istamina e perché il corpo la produce

L’istamina è una molecola biologicamente attiva, appartenente al gruppo delle amine biogene.
È prodotta naturalmente dal nostro corpo e svolge funzioni fondamentali:

  • regola la secrezione acida nello stomaco,
  • modula la risposta immunitaria e le reazioni allergiche,
  • partecipa alla motilità intestinale,
  • agisce come neurotrasmettitore nel sistema nervoso.

L’istamina, quindi, non è cattiva in sé, anzi! E’ indispensabile per la nostra fisiologia. Ma il problema nasce quando il corpo non riesce più a smaltirla correttamente.

Infatti, in condizioni normali l’organismo degrada l’istamina attraverso due enzimi principali:

  • la diaminossidasi (DAO), attiva nell’intestino tenue;
  • l’istamina-N-metiltransferasi (HNMT), che agisce a livello intracellulare.

Quando questi sistemi si indeboliscono, o quando l’introduzione alimentare di istamina è eccessiva, la molecola si accumula nel sangue.
Il risultato è un sovraccarico sistemico che può scatenare una moltitudine di sintomi, diversi da persona a persona.

Sintomi dell’intolleranza all’istamina

L’intolleranza all’istamina è una delle condizioni più difficili da riconoscere, perché i sintomi sono estremamente variabili e spesso intermittenti.
Tra i più comuni vi sono:

  • Disturbi gastrointestinali, quali gonfiore, meteorismo, nausea, diarrea o alvo alterno.
  • Manifestazioni cutanee come orticaria, prurito, dermatiti, arrossamenti improvvisi.
  • Sintomi neurologici, tra i quali emicrania, vertigini, insonnia, ansia, difficoltà di concentrazione.
  • Disturbi respiratori e cardiovascolari, ossia tachicardia, ipotensione, starnuti, extrasistoli dopo i pasti.
  • Alterazioni ormonali e ginecologiche che si manifestano tramite cicli dolorosi o irregolari, aumento della ritenzione e della sensibilità al dolore.

Per questo viene spesso definita una condizione “camaleontica”: può imitare allergie, intolleranze, emicranie croniche e perfino stati infiammatori sistemici o autoimmuni.

 

Il legame tra istamina e disbiosi intestinale

Negli ultimi anni, numerosi studi hanno dimostrato che l’intolleranza all’istamina è fortemente influenzata dallo stato del microbiota intestinale
Nel nostro intestino convivono miliardi di batteri, alcuni dei quali sono istaminogeni, ovvero capaci di produrre istamina a partire dagli amminoacidi presenti negli alimenti.

Tra questi, troviamo:

  • Lactobacillus casei,
  • Lactobacillus bulgaricus,
  • Morganella morganii e altri ceppi presenti in condizioni di disbiosi.

Quando la flora intestinale è in equilibrio, queste popolazioni restano sotto controllo.
Ma se si instaura una disbiosi o una SIBO (crescita batterica eccessiva nell’intestino tenue), la produzione endogena di istamina può aumentare in modo significativo.

Se, contemporaneamente, la mucosa intestinale è infiammata o permeabile, l’istamina prodotta a livello intestinale riesce ad attraversare la barriera e a entrare nel circolo sanguigno.
Nel frattempo, la disbiosi può anche ridurre la produzione dell’enzima DAO, peggiorando ulteriormente la situazione.

Quindi: più disbiosi = più istamina = meno tolleranza = più sintomi

È un circolo vizioso che solo un approccio integrato, non basato sulla sola eliminazione alimentare, può interrompere.


Alimentazione e gestione quotidiana

Nel trattamento dell’intolleranza all’istamina, la dieta gioca un ruolo chiave, ma non deve mai diventare una prigione.
L’obiettivo non è eliminare tutto per sempre, ma ridurre temporaneamente il carico istaminico, permettendo al corpo di recuperare la capacità di degradarla.

Gli alimenti più ricchi di istamina o che la liberano nel corpo includono vino rosso, birra, caffè, formaggi stagionati, salumi, pesce conservato, pomodori, spinaci, melanzane, avocado, agrumi, frutta secca, cioccolato, aceto e alimenti fermentati.

Meglio orientarsi, almeno inizialmente, su cibi freschi e semplici come carne e pesce freschi, verdure a basso contenuto di istamina (zucchine, carote, finocchi), cereali leggeri come riso e miglio, uova se tollerate, e oli di alta qualità come l’olio extravergine di oliva o il ghee.

Ogni persona ha una soglia di tolleranza diversa: per questo, il percorso deve essere graduale e personalizzato, con l’obiettivo di recuperare la tolleranza, non di mantenere una restrizione cronica che, nel tempo, indebolirebbe ancora di più il microbiota.


Supporti nutraceutici utili

Un approccio completo prevede anche il supporto di sostanze naturali e nutraceutici specifici.
Tra i più efficaci, secondo la letteratura scientifica:

  • DAO enzimatica (orale), utile come aiuto temporaneo nei pasti più “rischiosi”
  • Stabilizzatori dei mastociti come quercetina, rutina, bromelina e vitamina C che riducono il rilascio di istamina.
  • Cofattori della DAO: zinco, rame e vitamina B6, indispensabili per la corretta degradazione dell’istamina.
  • Probiotici non istaminogeni, Lactobacillus rhamnosus GG, Bifidobacterium infantis, Bifidobacterium lactis aiutano a riequilibrare la flora (attenzione in caso di SIBO attiva)
  • Nutrienti per la barriera intestinale, L-glutammina e N-acetilglucosamina favoriscono la riparazione della mucosa (evitare brodi di carne e fermentati)
  • Adattogeni come ashwagandha e rhodiola, per regolare l’asse stress–intestino e ridurre il cortisolo, che inibisce la DAO.

Guarire significa riequilibrare, non solo eliminare

L’intolleranza all’istamina non è una malattia ma un campanello d’allarme che c’è qualcosa che non va.
È il segnale di un sistema intestinale e immunitario che ha perso la sua capacità di adattamento.
Per questo motivo, la soluzione non può essere limitata alla semplice eliminazione dei cibi, ma deve comprendere:

  • la ricostruzione del microbiota,
  • la riduzione dell’infiammazione cronica,
  • il rafforzamento della barriera mucosa,
  • e una gestione dello stress consapevole.

Solo così il corpo può tornare a tollerare gli alimenti e gli stimoli esterni con serenità.
Guarire quindi significa riportare equilibrio in tutto l’organismo.


Scopri di più sulla Dieta Low Istamina


Bibliografia

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– Manzotti G, Breda D, Di Gioacchino M, Burastero SE. Serum diamine oxidase activity in patients with histamine intolerance. Int J Immunopathol Pharmacol. 2016;29(1):105-111.
– Pinzer TC, Tietz E, Waldmann E, et al. Low serum diamine oxidase (DAO) activity is associated with gastrointestinal intolerance to histamine. Allergy. 2018;73(11):2324–2332.
– Reese AT, Bielke LR. Histamine, microbiota and the intestinal barrier: a triad at the center of health and disease. Nutrients. 2021;13(8):2684.

 

Le informazioni sulle diete sono fornite dalla dott.ssa Jessica Inserra. Prima di adottare qualsiasi dieta, consultare il proprio professionista di fiducia. 

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