Per decenni il colesterolo è stato etichettato come il “grande colpevole” delle malattie cardiovascolari. Burro, uova e grassi animali sono stati demonizzati, mentre prodotti industriali come margarine e oli vegetali ricchi di omega-6 venivano esaltati come alternative salutari. Eppure, negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha mostrato una realtà molto diversa.
Il problema principale non è il colesterolo in sé, ma il contesto metabolico e infiammatorio in cui esso si trova. Studi pubblicati su The Lancet e JAMA hanno evidenziato che i fattori realmente predittivi del rischio cardiovascolare non sono i livelli di colesterolo totale, ma piuttosto la presenza di infiammazione cronica di basso grado, insulino-resistenza e stress ossidativo.
E dove nasce gran parte di questi squilibri? Nell’intestino, e nel delicato rapporto tra microbiota, alimentazione e metabolismo lipidico.
Per anni abbiamo creduto che i grassi fossero da ridurre al minimo per proteggere cuore e arterie. Ma l’intestino ci racconta un’altra storia.
I grassi sono indispensabili per mantenere in salute la mucosa intestinale: stimolano la secrezione biliare e pancreatica, permettono l’assorbimento delle vitamine liposolubili (A, D, E, K), rinforzano la barriera mucosa e regolano il senso di sazietà attraverso ormoni intestinali come GLP-1 e colecistochinina.
Il microbiota stesso dialoga con i grassi. Alcuni studi hanno dimostrato che una dieta ricca di omega-3 aumenta la presenza di Bifidobacterium e riduce batteri pro-infiammatori, mentre un eccesso di omega-6 da oli vegetali industriali promuove uno stato infiammatorio sistemico.
D’altra parte, un microbiota impoverito e disbiotico riduce la capacità di metabolizzare i lipidi, alimentando un circolo vizioso di malassorbimento, permeabilità intestinale e infiammazione.
Il colesterolo
Il colesterolo è stato trattato come un nemico, ma in realtà è un elemento essenziale della fisiologia umana!
Costituisce le membrane cellulari, è il precursore della vitamina D e degli ormoni steroidei, ed è fondamentale per la formazione delle tight junctions intestinali, le strutture che mantengono unita la barriera epiteliale.
L’80% del colesterolo circolante è prodotto dal fegato, mentre l’alimentazione incide solo in minima parte. Questo spiega perché molte persone, nonostante eliminino uova e burro, continuano ad avere valori elevati: non dipende dal cibo, ma dal metabolismo.
Le placche aterosclerotiche, inoltre, non si formano “per colpa del colesterolo in eccesso”. Esse sono piuttosto la conseguenza di danni ripetuti all’endotelio vascolare, dovuti a glicazione da zuccheri in eccesso, ipertensione, radicali liberi e infiammazione sistemica. In questo scenario, il colesterolo arriva come un “cerotto biologico”, tentando di riparare il danno
La demonizzazione dei grassi animali ha creato paure difficili da sradicare. Eppure oggi sappiamo che il loro consumo, se di qualità, non è collegato a un aumento del rischio cardiovascolare.
Uno studio pubblicato su The Lancet che ha coinvolto oltre 135.000 persone in 18 paesi diversi (lo studio PURE) ha dimostrato che un consumo moderato di grassi totali, compresi i grassi saturi, è associato a un minor rischio di mortalità totale rispetto a diete ad alto contenuto di carboidrati raffinati.
Le uova, un tempo bandite, sono oggi rivalutate come alimento funzionale: ricche di colina (essenziale per il cervello e il fegato), vitamina D, luteina e zeaxantina, e proteine di alta qualità. Una review su Nutrients ha confermato che il consumo regolare di uova non aumenta il rischio cardiovascolare, e anzi può migliorare il profilo lipidico aumentando l’HDL.
Valutare la salute cardiovascolare basandosi sul colesterolo totale è oggi considerato riduttivo. Marcatori molto più affidabili e predittivi includono:
ApoB: misura la quantità di particelle aterogene (LDL e VLDL) e predice meglio il rischio di eventi cardiovascolari
PCR ultrasensibile: rivela la presenza di infiammazione cronica, vero motore dell’aterosclerosi.
Trigliceridi e rapporto TG/HDL: correlati a insulino-resistenza e sindrome metabolica.
Omocisteina e lipoproteina(a): marcatori indipendenti, spesso trascurati ma molto rilevanti.
In altre parole, non è “quanto colesterolo hai”, ma in che contesto metabolico e infiammatorio esso si trova.
Il modello GAPS: l’intestino si ripara con il grasso
Il modello nutrizionale GAPS (Gut And Psychology Syndrome) ci insegna che un intestino leso non ha bisogno di diete ipocaloriche, ma di grassi genuini, nutrienti e stabili.
Il grasso è considerato terapeutico, capace di ricostruire la mucosa, ridurre le citochine infiammatorie, fornire energia e sostenere la flora eubiotica. Alimenti chiave in questo approccio includono brodi con midollo, tuorli crudi, ghee e burro, lardo e carne grassa.
Il grasso, quindi, diventa un vero e proprio strumento di guarigione che nutre la barriera intestinale, modula l’immunità e protegge il cervello.
Se i grassi naturali di qualità possono sostenere l’intestino e la salute cardiovascolare, il discorso cambia radicalmente quando parliamo di carboidrati raffinati (zuccheri semplici, farine bianche, prodotti da forno industriali) e grassi idrogenati (margarine, oli vegetali raffinati, prodotti ultra-processati).
Quando i carboidrati ad alto indice glicemico vengono assunti in eccesso, il corpo risponde con un aumento rapido dell’insulina. Nel tempo, questo stimolo continuo favorisce resistenza insulinica e produzione epatica di trigliceridi. Questi trigliceridi vengono impacchettati nel fegato sotto forma di VLDL (Very Low Density Lipoproteins).
Durante la loro trasformazione nel sangue, i VLDL diventano LDL piccole e dense (“small dense LDL”), molto più aterogene delle LDL normali perché penetrano facilmente nell’endotelio vascolare e sono soggette a ossidazione.
È proprio l’eccesso di zuccheri a stimolare la formazione di queste particelle pericolose, non l’assunzione diretta di colesterolo alimentare.
Gli acidi grassi trans e gli oli vegetali industriali ricchi di omega-6 ormai si trovano in tutti i prodotti preconfezionati, utilizzati anche nei ristoranti per risparmiare. Purtroppo però, alterano profondamente il metabolismo lipidico.
aumentano l’infiammazione sistemica (via produzione di eicosanoidi pro-infiammatori),
abbassano l’HDL (“colesterolo buono”),
favoriscono l’ossidazione delle LDL, rendendole più aterogene.
Il mix di carboidrati raffinati e grassi industriali è ciò che realmente favorisce la formazione di placche aterosclerotiche:
infiammazione e stress ossidativo danneggiano l’endotelio,
le LDL piccole e dense penetrano nella parete arteriosa,
i grassi ossidati alimentano il processo infiammatorio,
il colesterolo si deposita come “cerotto” tentando di riparare il danno.
Ecco perché non ha senso continuare a demonizzare burro, uova o carne grass-fed, mentre il vero problema rimane l’abuso di zuccheri industriali, snack confezionati, bevande dolci e grassi trans, alimenti che purtroppo oggi regnano nelle case del 95% degli italiani.
Oggi è il momento di cambiare paradigma.
Il corpo è un sistema adattivo che cerca costantemente equilibrio.
Il grasso è parte della nostra fisiologia, un nutriente che può essere un valido alleato nel ricostruisce, riparare e proteggere la mucosa del nostro intestino.
Rieducare all’uso dei grassi significa restituire al paziente autonomia metabolica, liberarlo dalle paure infondate e ricostruire un rapporto positivo con il cibo. Significa passare dalla cultura del “senza” alla cultura del nutrire.
La base di ogni percorso di riequilibrio rimane sempre l’alimentazione, ma in alcuni casi la sola dieta non basta a spegnere l’infiammazione o a sostenere i processi metabolici e intestinali. Qui entrano in gioco gli integratori mirati, che non devono mai essere visti come “scorciatoie”, ma come strumenti di precisione, da calibrare in base al profilo infiammatorio, digestivo e metabolico di ciascuna persona.
Tra i più studiati e utilizzati in ambito clinico troviamo:
Omega-3 (EPA/DHA) → hanno un ruolo documentato nel ridurre i trigliceridi, migliorare la fluidità di membrana e modulare l’infiammazione sistemica. In soggetti con rischio cardiovascolare elevato, diversi trial clinici hanno mostrato una riduzione degli eventi coronarici.
Fosfatidilcolina → componente essenziale delle membrane cellulari, supporta il fegato nei processi di detossificazione e favorisce la rigenerazione tissutale, inclusa quella della mucosa intestinale.
Vitamina K2 (MK-7) → fondamentale per la gestione del calcio: lo “sposta” dalle arterie verso le ossa, prevenendo la calcificazione vascolare e migliorando la densità ossea.
Coenzima Q10 → indispensabile per la funzione mitocondriale e per la produzione di energia a livello cellulare. È particolarmente utile nei pazienti in terapia con statine, che ne riducono i livelli endogeni.
MCT (trigliceridi a catena media) e ghee → forniscono un carburante rapido ed efficiente sia per gli enterociti intestinali sia per il cervello, senza gravare sulla digestione.
Nutrire l’intestino con grassi veri e di qualità non è soltanto una scelta alimentare: è una strategia di prevenzione, che agisce sulla barriera intestinale, sul microbiota, sul metabolismo e quindi sulla salute del cuore.
Come ricorda un principio cardine della nutrizione funzionale:
“Il cibo giusto, nel corpo giusto, al momento giusto… e la fisiologia fa il resto.”
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Le informazioni sulle diete sono fornite dalla dott.ssa Jessica Inserra. Prima di adottare qualsiasi dieta, consultare il proprio professionista di fiducia.
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