Hai mai avuto una sensazione di gonfiore costante, stanchezza cronica, fame di dolci incontrollabile o infezioni intime ricorrenti? Potresti pensare a mille cause, ma una tra le più sottovalutate è la candida intestinale: un problema tanto diffuso quanto spesso mal gestito.
La Candida è un lievito, parte integrante del microbiota umano. Ne esistono diverse tipologie di ceppi, ma la più comune è la Albicans. Vive normalmente nel cavo orale, nella vagina e soprattutto nell’intestino, dove coesiste con batteri “buoni” in un equilibrio dinamico (Pfaller & Diekema, Clin Microbiol Rev, 2007).
Quando però questo equilibrio si altera – per un eccesso di antibiotici, una dieta ricca di zuccheri e carboidrati raffinati, stress cronico o difese immunitarie basse – la Candida può passare da commensale innocuo a patogeno opportunista.
Se la proliferazione colonizza anche l’intestino tenue, si parla di SIFO (Small Intestinal Fungal Overgrowth), cioè una crescita eccessiva di funghi che ha sintomi molto simili alla SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth)
In questa fase assume forma filamentosa (ifa), diventa invasiva e può:
Il risultato è un’infiammazione che non resta solo intestinale, ma può diffondersi a livello sistemico, con sintomi che coinvolgono mente, pelle, ormoni e immunità.
I segnali della candidosi intestinale sono spesso confusi con altri disturbi gastrointestinali. I più documentati in letteratura includono:
Questa variabilità è il motivo per cui la candidosi intestinale è spesso sottodiagnosticata o etichettata come “colon irritabile” o disturbo psicosomatico.
Le cause principali sono note e scientificamente confermate:
In molti casi la candidosi intestinale è associata a permeabilità intestinale aumentata: frammenti fungini e tossine attraversano la barriera, stimolando una risposta immunitaria che alimenta intolleranze, autoimmunità e stanchezza sistemica.
Per confermare il sospetto clinico è utile ricorrere ad alcuni esami. L’esame delle feci permette di individuare la presenza di Candida albicans o di altre specie di lieviti, anche se non sempre è sensibile, perché la proliferazione può avvenire in tratti intestinali più alti.
Più approfondite sono le analisi del microbiota intestinale, che valutano la composizione complessiva della flora batterica e micotica, offrendo un quadro dettagliato degli squilibri. In alcuni casi si ricorre anche a esami del sangue per la ricerca di anticorpi anti-Candida (IgG, IgA, IgM), utili a capire se l’organismo sta reagendo a un’infezione in corso.
Una dieta “anticandida” non significa solo togliere zuccheri. L’obiettivo deve essere ridurre il carburante della Candida e, parallelamente, rafforzare i batteri benefici.
Favorire:
Limitare o eliminare:
Non esiste però una dieta anticandida universale. Deve essere progressiva e personalizzata in base al tipo di disbiosi e tenendo conto delle altre variabili di salute.
Quando si parla di candida intestinale, l’approccio più comune è quello di ricorrere a un farmaco antimicotico con azione antifungina con la promessa di debellarla ed evitare recidive. Ma sebbene questi trattamenti possano ridurre rapidamente la carica di lieviti, non agiscono sulle cause profonde che hanno permesso alla candida di proliferare. L’antimicotico, infatti, svolge una funzione “disinfettante”, ma non ripara la mucosa intestinale, non riequilibra il microbiota e non corregge i fattori predisponenti come alimentazione ricca di zuccheri, stress o alterazioni della digestione.
Il risultato è che, dopo un’apparente fase di benessere, i sintomi tendono a ripresentarsi: si parla infatti di recidive, molto comuni nei pazienti che affrontano la candida solo con il farmaco. Per evitare questo circolo vizioso è fondamentale integrare l’approccio antimicotico con una strategia completa di ricostruzione dell’intestino. Solo così si crea un ambiente intestinale sfavorevole alla ricrescita dei lieviti, garantendo un miglioramento stabile nel tempo.
La letteratura scientifica propone diverse molecole con attività antifungina o immunomodulante:
⚠️ Nota importante: l’integrazione va introdotta in modo graduale, perché un attacco troppo aggressivo può causare la cosiddetta Herxheimer reaction o “die-off”, con sintomi acuti da rilascio di tossine fungine.
Il percorso personalizzato deve quindi includere:
Uscire dal tunnel si può, ma è importante prima conoscere ed essere consapevoli. Lo squilibrio si può sempre sistemare, con amore e attenzione per se stessi, ma soprattutto con l’aiuto di un professionista specializzato.
Le informazioni sulle diete sono fornite dalla dott.ssa Jessica Inserra. Prima di adottare qualsiasi dieta, consultare il proprio professionista di fiducia.,
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